Analizziamo le diverse strategie che ogni investitore mette in pratica per avere successo negli investimenti; analisi fondamentale, cassettista, scalper, ecc..
Che tipo di investitore sei? Prendiamo in esame le strategie di investimento più comuni.
La strategia che si basa sull’Analisi Fondamentale
La strategia fondamentalista, non fa altro che prendere i cosiddetti fondamentali come discriminanti per l’acquisto di un titolo piuttosto che di un altro. In sostanza l’Analista di scuola fondamentalista cercherà sempre di scovare quelle aziende che sul mercato hanno un prezzo minore del loro valore reale, quindi titoli potenzialmente remunerativi non appena il mercato se ne accorgerà.
Dunque il fondamentalista aspetta al varco lo sconto, l’occasione, la roba smessa ma ancora buona, ovvero tutto ciò che altri stanno buttando via ma che prima o poi riacquisterà valore.
Ma è proprio vero che riacquisterà valore? Sembrerebbe di si, purché dietro ci siano realmente i fondamentali sani. Teniamo conto però che a volte ci vogliono anni perché il prezzo si riallinei con il valore dell’azienda.
Il noto fondamentalista Peter Lynch nel libro “One up on Wall Street“, riporta che Dreyfuss, uno splendido distributore di servizi finanziari americano, nell’ottobre 1987 crollò da 35 a 16 dollari (all’inizio del 1987 aveva superato anche i 42). Il crollo ci fu a causa del ribasso repentino di tutta la borsa (molti titoli dimezzarono il loro valore), ma soprattutto perché essendo un fornitore di prodotti finanziari in quel frangente tutti pensarono. Tutti timori comprensibili, però la realtà delle aziende è sempre meno brutta di quello che si può pensare quando se ne sente parlare male, così come è sempre peggiore di quello che si può pensare quando se ne sente parlare bene.
Infatti Dreyfuss in quel momento disponeva di una liquidità pari a 15 dollari per azione (al netto dell’eventuale saldo di tutti i debiti), quindi chi avesse comprato il titolo a 16 dollari in realtà avrebbe pagato l’avviamento, il marchio e la rete di vendita di Dreyfuss con tutti i suoi professionisti e i suoi immobili per 1 dollaro soltanto. Sono bastati 2 anni circa per rivedere il prezzo del titolo a 35 dollari.
L’abilità del fondamentalista sta nel riconoscere la solidità intrinseca di un’azienda, non guardando solo al prezzo, ma soprattutto sapendone valutare il bilancio o parametri come il P/E.
In Italia è molto diffusa la figura del cassettista, ovvero di persone che hanno comprato i titoli di una determinata società perché “è una solida compagnia” senza altre spiegazioni, e li tengono anche per anni.
Il cassettista ed il fondamentalista sono molto diversi, anche il fondamentalista può tenere gli stessi titoli per anni (così come per pochi giorni), ma la motivazione che lo spinge è che l’azienda è una solida compagnia che in questo momento gli investitori stanno vendendo, spingendone il prezzo al di sotto del ragionevole.
E’ evidente che il punto chiave (e la bravura del fondamentalista stesso), sta nel determinare quando un prezzo è ragionevole.
La strategia del Cassettista
Il cassettista come si può ben immaginare, compera dei titoli (generalmente di compagnie molto conosciute) o di nuovo collocamento, per metterli per così dire in un cassetto e tenerli a lungo, senza controllarne i corsi o aspettare un certo margine di guadagno.
La figura del cassettista in Italia è molto diffusa, infatti è pieno di persone che hanno comprato i titoli di determinate società perché, o perché i giornali o la televisione ne hanno parlato bene, senza altre spiegazioni. A loro interessa solamente possedere quei titoli.
La strategia del Bue
Gli agenti di cambio di una volta chiamavano il pubblico minuto che a loro si rivolgeva “il parco buoi”. Qual è allora la tipica strategia del bue? Come si comporta il singolo che non ha studiato trading, che agisce secondo il suo istinto, cercando di fare qualche soldo con le sue sole forze? Si tratta della strategia più semplice, e non è detto affatto che sia in sé la peggiore: compra un titolo e lo tiene finché non ci guadagna qualcosa; quando ci guadagna lo vende.
Capita allora che il singolo che non ha studiato trading compri un titolo durante il collocamento, e poco dopo lo veda scendere, scendere, scendere… lo veda ridursi alla metà… mentre passano i mesi e poi gli anni. Il bue tipico il suo titolo ce l’ha sempre, e aspetta per anni che raddoppi di valore per avere almeno indietro i suoi soldi, percependo all’anno un dividendo di qualche punticino percentuale.
E’ il tipico disastro da illusione borsistica: lo hanno provato tutti. Capita. Vedremo, come detto, che non si tratta della strategia in se più sbagliata; solo richiede qualche correzione. Quando pensate alla Borsa abbiate sempre in mente una cosa: esiste una partita minima. Non potete comperare 5 Generali; sino a poco tempo fa dovevate comperarne almeno 100. In questo momento una azione Generali vale circa 35 euro; moltiplicato per 100 fa 3500 euro. Se circa 10.000.000 di lire è tutto il capitale che potete investire in Borsa… non investitene 7.000.000.
Il problema in questi casi è che tutto quello che avete lo impiegate per diventare socio di una sola persona. Anche se si tratta di un’azienda rappresentativa, anche se al timone c’è un manager di fama.. comunque si tratta, sempre di un titolo, solo, e la quotazione di un titolo sente anche le mode, gli umori, i capricci di una quantità enorme di persone.
Io sono totalmente certo come Peter Lynch, come Warren Buffett, come tanti altri, che il valore alla lunga venga fuori… ma talvolta lo fa solo dopo moltissimo tempo, e si corre il rischio che nel frattempo i bilanci dell’azienda da eccellenti diventino così così, e poi magari brutti.
L’esperienza mostra che se si riesce a diversificare, cioè se si riesce a diventare soci almeno di 5 o 6 imprenditori diversi, il rischio ne risulta grandemente diminuito. Ma in questo momento ciò significa investire 30 o 40 milioni: credetemi, al di sotto vi potrà andar bene una o due volte, ma prima o poi rimarrete con le vostre azioni XXX da lasciare in eredità ai nipoti.
Perché ho fatto queste considerazioni nell’ambito della strategia del bue? E’ evidente: perché il rimanere con le azioni XXX è parte integrante dell’esperienza del bue. Il comandamento della strategia del bue è il classico: buy low, sell high (acquista basso, vendi alto).
Il problema maggiore della strategia del bue, come abbiamo visto, è che vendendo i titoli sui quali si guadagna e tenendo quelli sui quali si perde, piano piano il portafoglio tende a riempirsi di titoli sui quali si perde. A quel punto di solito scappa la pazienza, comincia a impadronirsi di noi la smania del ”salviamo il salvabile” e si vende tutto… perdendo, naturalmente.
Dopo alcuni mesi, guardando i listini, spesso siamo costretti a riflettere su quanto intempestivi siamo stati a farci prendere dal panico. Ma è altrettanto vero che altrettanto spesso constatiamo quanto siamo stati saggi a vendere tutto.
Capite dov’è il problema? Manca un criterio. Se il buy low, sell high è una delle cose assieme più ovvie e più sagge che siano state dette sulla Borsa, è altrettanto vero che manca un criterio per stabilire il low e l’high: quando siamo bassi? Quando siamo alti? Questa è esattamente la domanda cui tentano di rispondere le tecniche di trading, intese come distinte dal comportamento del bue.