Queste le sorti dei miei investimenti con la crisi economica

507-crisi-economica.jpgIn questo articolo analizziamo tutte le sordi che possono subire i miei denari nei momenti di crisi economica e come comportarsi.

Se la banca fallisce rischio di perdere i titoli in deposito?
A differenza dei soldi depositati sul conto corrente, i titoli non sono un credito nei confronti delle banche, ma sono proprietà dell’investitore. In caso di crack dell’istituto di credito, quindi, non rientrano nella tutela offerta dal Fondo. Sarà il commissario liquidatore a contattare il titolare del deposito titoli per chiedergli dove trasferirli. Lo stesso discorso vale per i fondi comuni.

Cosa posso fare nel caso in cui la società di cui ho comprato azioni fallisca?
Le azioni sono titoli che rappresentano una quota di capitale di una società; in pratica il possessore di un’azione è proprietario di una “fetta” della società che l’ha emessa. Di conseguenza, l’azione non garantisce né la restituzione del capitale investito né tanto meno un rendimento minimo. Il valore dell’azione, così come il suo rendimento, dipendono dalle sorti della società. L’azionista può arrivare a perdere l’intero investimento: in caso di liquidazione della società vengono infatti rimborsati prima di tutto i creditori, e solo se avanza qualcosa vengono soddisfatti gli azionisti.

E nel caso avessi comprato obbligazioni?
Le obbligazioni sono uno strumento finanziario che consente alle società di raccogliere fondi presso i risparmiatori, obbligazionisti, che le sottoscrivono. L’obbligazionista è in pratica un creditore della società emittente. I titolari, a seguito del fallimento della società emittente, hanno il diritto di partecipare con gli altri creditori alla suddivisione dei proventi derivanti dal realizzo delle attività della società.

Buoni e libretti postali sono al sicuro?
I libretti postali e i buoni postali non sono coperti dal Fondo interbancario di tutela dei depositi perché le Poste Italiane non sono una banca, ma una società per azioni i cui principali azionisti sono il Ministero dell’Economia e la Cassa depositi e prestiti.
Tuttavia, proprio per questo il rischio di insolvenza delle Poste è quasi nullo, visto che i depositi e gli investimenti hanno la protezione del Tesoro e di conseguenza dello Stato italiano. Attenzione, questo ragionamento vale per libretti, buoni postali e conti correnti delle Poste dietro i quali ci sono le Poste stesse e non per prodotti che sono solo targati Bancoposta, ma dietro cui stanno altri emittenti, come accade, per esempio, nel caso delle polizze Index Linked vendute dalle Poste.

Con i “Pronti contro termine” si può stare tranquilli?
Chi acquista un “Pronti contro termine” compra, per un breve periodo (massimo 6 mesi), titoli obbligazionari che la banca già possiede. L’operazione consiste nel pagare “a pronti” (subito) i titoli, ma chi vende, cioè la banca, si impegna contemporaneamente al riacquisto degli stessi titoli al “termine” del periodo prefissato. Generalmente sono pubblicizzati come prodotti privi di rischio, ma non è proprio così: qualche rischio c’è. Chi sottoscrive un Pronti contro termine non è infatti tutelato dal Fondo interbancario di tutela dei depositi. In altri parole, se la banca fallisce non ci sarà un risarcimento da parte del Fondo, come invece accade per i conti correnti. Ai titolari rimarranno in mano i titoli medesimi, che possono essere rivenduti sul mercato. Nessun problema se l’obbligazione è un titolo di Stato. Diverso il caso in cui quell’obbligazione sia stata emessa proprio dalla banca fallita, perché sarebbe impossibile da vendere. Per stare tranquilli vi consigliamo, prima di sottoscrivere un’operazione di Pronti contro termine, di informarvi sempre su chi abbia emesso le obbligazioni che state comperando.

I fondi comuni sono a rischio?
Chi ha acquistato un fondo o un Etf, non si trova nella stessa situazione di un azionista o di un obbligazionista. Un fondo o un Etf investe in più titoli diversi: per andare a zero la quota del fondo o il prezzo dell’Etf dovrebbe verificarsi un fallimento contemporaneo di tutti i titoli dell’indice o del portafoglio acquistato. Un evento con probabilità infinitesimale. Infatti, se dovesse fallire un titolo nel paniere, la quota del fondo o il prezzo dell’Etf potrà scendere nel momento del fallimento, ma non andrà comunque a zero, perché vi sono altri titoli nell’indice che concorrono a determinarne il valore. Poiché infatti si può investire al massimo il 10% in un titolo di un solo emittente, la perdita massima potrà essere del 10% più il calo di Borsa. La diversificazione dell’indice riduce quindi la vostra esposizione al fallimento di un singolo titolo, a differenza dell’aver acquistato direttamente un’azione o un’obbligazione.

I derivati come strumento per investire oggi

40-derivati.jpgSiamo nel terreno della speculazione, roba da giocatori di poker. La rischiosità degli strumenti derivati, come i future, i warrant e le opzioni, è tale che in alcuni casi si può perdere più del capitale investito. Oggi il loro utilizzo è però diffuso, anche tra i piccoli risparmiatori, che in questo modo cercano di mettere un po’ di pepe nei loro investimenti.

Questi strumenti si definiscono derivati, perché non vivono di vita propria: sono scommesse a termine sull’andamento di un’attività sottostante. Hanno una scadenza e si possono utilizzare per speculare al rialzo o al ribasso. Se si azzecca la scommessa si può guadagnare molto. I derivati sono utilizzati, dagli investitori professionali, soprattutto come una forma di assicurazione contro i rischi dei mercati.
Per esempio, i fondi comuni che hanno grossi investimenti azionari, in periodi di particolare incertezza delle Borse, assicurano il portafoglio titoli acquistando derivati al ribasso. Se la Borsa scende, i guadagni realizzati con i derivati compensano la perdita.

Future, warrant e opzioni.
I future sono i contratti più rischiosi. Nei mercati mondiali ne sono quotati diversi tipi; ci sono quelli sul prezzo del succo d’arancia o della pancetta (trattati nella famosa Borsa merci di Chicago), quelli sulle valute, sulle obbligazioni e sulle azioni.
Nella Borsa italiana ci sono future sull’andamento dei Btp (Buoni poliennali del Tesoro), denominati Mif, e future sull’andamento dell’indice di Borsa Mib30, denominati Fib. Dal luglio 2000 c’è anche un Mini Fib, contratto sull’indice Mib30 che si può sottoscrivere con un investimento molto contenuto. Ciò che rende i future più rischiosi di altri contratti a termine è il fatto che la perdita può essere addirittura maggiore dell’investimento iniziale: se il valore del titolo sottostante scende per esempio da 10 a 8 euro, chi ha sottoscritto il future, oltre ad avere perso l’euro investito, dovrà risarcire all’intermediario un altro euro.

L’effetto leva
E’ un meccanismo moltiplicatore. Per fare un esempio, si investe su un titolo da 10 euro pagando un euro. Se il titolo sale da 10 a 11 euro, si guadagna sulla differenza, cioè un euro, che corrisponde a un guadagno del 100%. Ma a moltiplicarsi sono anche le possibili perdite.

Le opzioni e i warrant sono invece, contratti con i quali si può perdere, al massimo, il denaro impiegato.
Si tratta anche in questo caso, di scommesse sull’andamento futuro di un’attività quotata (un’azione, un’indice, una valuta, un paniere di titoli, o altro ancora).
In sostanza il contratto, che ha un costo, dà il diritto di ritirare l’attività sottostante entro una data prefissata a un prezzo prefissato (il cosiddetto strike price).
Se il prezzo dell’attività sottostante alla data di scadenza sarà superiore al prezzo prefissato, chi ha sottoscritto il contratto incasserà la differenza. Se invece, il prezzo dell’attività sottostante sarà pari o inferiore allo strike price, il derivato non avrà più alcun valore.